Integrazione nella Scuola Superiore
In
Italia dopo le scuole elementari e medie anche le scuole superiori
hanno aperto le porte agli studenti disabili, senza limiti di
gravità.
La
cosa è molto bella purché le si dia un senso. Fare finta che le
differenze non esistano non è utile.
Le
riflessioni dei coniugi Gabrielli, sotto riportate, sono amare, ma
mettono il dito su una piaga che purtroppo esiste.
“Scuola
media inferiore e scuole superiori, il
divario tra i due gruppi di coetanei (tipici e non) è ora
travolgente…
Se
si effettua la presa in carico poca disponibilità si offre al di
fuori dei compiti
specifici affidati ai professionisti del sostegno………..
Si
concede al ragazzo certificato una formale partecipazione a
sperimentazioni didattiche che, in mancanza di un’appropriata
gestione di competenze di base, anziché arricchire, ne rallentano
notevolmente l’acquisizione inficiando la qualità della sua
integrazione.
L’aggancio
astratto, la fantasia,l’arricchimento per analogia, la
generalizzazione intuitiva, lo scherzo, il doppio senso, la
traslazione ecc. non aiutano, non migliorano l’apprendimento degli
alunni certificati…li confondono, complicano le mete, le
ritardano…..
Non
ammettere la profonda povertà di mezzi (comprensivi ed espressivi)
della disabilità intellettiva-comportamentale e dei DEG, e
specialmente autistica produce danni allargati”
(dal libro Out Aut, di Cova e Gabrielli, Vannini Editore, 2010,
pagina 269).
Ciononostante,
alla frequenza dei disabili intellettivi si puo’ dare un senso e
un’utilità sia per gli abili che per i disabili anche alle scuole
superiori.
Abbiamo
già presentato dei buoni esempi di percorsi individualizzati al
convegno di Cento del 20 maggio 2011
http://www.youtube.com/watch?v=ry84uvzQLeo
http://www.youtube.com/watch?v=5OA1kZl29JM
e
al convegno di Parma del 28 ottobre 2011
http://www.angsaparma.net/uploads/6/8/7/8/6878167/relazione_ruffini.pdf
Dal
Piemonte riceviamo un’altra testimonianza positiva.
Giulia
è una ragazza di vent’anni molto grave; non parla e comprende
meglio lo scritto con immagini meglio del linguaggio parlato.
Questa
piccola abilità comunicativa viene sfruttata dagli insegnanti per
creare interazioni significative tra lei e i compagni.
Ecco i documenti
originali che ci sono stati inviati...
Sono
l'insegnante di Giulia,
premetto
che i lavori con Giulia non hanno alcuna base teorica di riferimento,
ma sono semplicemente il frutto della volontà di mettersi in
continua discussione sulla strategia più adeguata per permettere a
Giulia una maggiore integrazione.
Nello
scorso anno scolastico abbiamo più volte ragionato con la famiglia
sull’opportunità di aumentare le occasioni di comunicazione di
Giulia utilizzando delle immagini e abbiamo dato alla famiglia il
compito, durante le vacanze estive, di percorrere questa strada nella
quotidianità delle vacanze, per le routine reiterate di ogni giorno.
Il
feedback offertomi a fine agosto era positivo e così ho pensato di
scrivere a Giulia, dando notizie del quasi prossimo inizio dell’anno
scolastico, utilizzando, dove possibile e necessario, delle immagini:
dovevo comunicare che quest’anno saremmo stati non più in terza,
ma in quarta liceo, che l’aula era sempre la stessa e mentre molti
insegnanti erano ancora con noi qualcuno era nuovo, ecc...
Quando
siamo arrivati a scuola abbiamo scoperto di avere anche due nuovi
compagni e così ho pensato a come permettere la reciproca
conoscenza: nella classe prima era stata la mamma a parlare ai
compagni, in terza lo avevo fatto io quando alla classe si erano
aggiunti altri due allievi, coinvolgendo nuovamente tutta quanta la
classe e una nuova collega. Quest’anno ho pensato che riproporre la
stessa strategia per la terza volta sarebbe stato come minimo noioso;
i nuovi arrivati erano anche ormai maggiorenni! E così ho pensato di
proporre a Giulia di presentarsi ai suoi compagni. Mi sembrava una
modalità “soft” per dire “Ci sono anch’io: proviamo a
conoscerci!”
Giulia
ha acconsentito: così, d’accordo e con l’aiuto della famiglia,
ho provato ad elaborare una presentazione essenziale di Giulia, con
periodi chiari e brevi accompagnati, dove possibile, da foto o
immagini (vedi
allegato 1 – Presentazione di Giulia).
L’elaborazione
quindi è stata di noi adulti, ma Giulia è stata coinvolta
presentandole lo scritto senza alcuna foto, leggendole una frase alla
volta e chiedendole, per ogni periodo che prevedeva una foto, di
scegliere quella che riteneva corretta (sempre fra tre opzioni di
scelta). Alcune risposte avevano un’unica scelta corretta (ad
esempio: “Mi chiamo Giulia” aveva come unica scelta di immagine
corretta quella che la rappresentava, non quella della sorella e
neanche quella di una compagna), altre prevedevano una scelta
assolutamente personale (ad esempio “... i miei cartoni preferiti
sono...”: in questo caso Giulia ha scelto, fra più immagini di
cartoni, quelle che desiderava).
A
fine lavoro, rileggendolo per dare maggiore unitarietà allo scritto,
ho chiesto a Giulia se le sembrava che la descrizione potesse andare
bene e lei ha risposto affermativamente. La richiesta fatta ai
compagni, di rispondere allo scritto di Giulia, è stata fatta da me
spiegando le motivazioni del lavoro e le modalità con cui svolgerlo.
Uno dei due compagni ha risposto (vedi
allegato 2)
rispettando la richiesta e mettendosi in gioco in maniera spontanea e
semplice: Giulia ne è stata contenta! Alla lettura della lettera del
compagno è seguita una prova di comprensione (vedi
allegato 3)
La
stessa modalità di comunicazione è stata utilizzata per svolgere
una prova di italiano, in cui Giulia ha scelto la traccia del tema e
scritto una lettera ad una sua insegnante dello scorso anno andata in
pensione. Giulia sceglie in autonomia una tra tre possibili opzioni
(metodologia utilizzata sempre a scuola, quando si effettuano
attività di verifica di comprensione del messaggio inviato).
Ovviamente non ci è possibile sapere se il contenuto delle tre
opzioni coincide esattamente con ciò di cui Giulia ci voleva far
partecipi, ma certo, l’empatia costruita in molti anni di reciproca
conoscenza, credo ci permetta almeno di avvicinarci.
Tengo
a precisare che lavori come questi sono programmati, ma effettuati
solo quando le condizioni psico-fisiche di Giulia lo permettono: un
lavoro come quest’ultimo implica almeno un’ora e mezza di lavoro
continuo e se Giulia non è in perfetta forma, la risposta motoria di
scelta è più rallentata, individuata con maggiori probabilità a
casaccio e la consegna deve essere riletta più volte con tempi
troppo lunghi.
Prof.ssa
Maura Tosco
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